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Il simbolo e le origini

 La possibilità di rappresentare uno spazio tridimensionale o comunque ingannare il nostro cervello con immagini difficilmente interepretabili ha sempre destato un grande interesse nell'uomo.

Solo nel Rinascimento con l'invenzione della prospettiva centrale, dipendente da precise leggi scientifico-matematiche, si riescono a sviluppare delle regole solide per delle rappresentazioni in profondità.

Esperimenti di questo tipo risalgono però anche ai Greci. I loro templi, con la lieve inclinazione delle colonne e della trabeazione verso l'interno, con il rigonfiamento della colonna a circa due terzi d'altezza per sottrarsi alla deformazione prospettica, cercavano di ingannare l'occhio umano per far sembrare la struttura più imponente e decisa.

Anche gli affreschi romani, di cui purtroppo ci rimangono ben poche rappresentazioni, cercarono di rappresentare la realtà come la vedevano, in prospettiva, camuffando simpaticamente gli errori prospettici con foglie di fico o ghirlande in primo piano.

L'interesse dell'uomo nel ricreare la realtà in prospettiva per sentirsene partecipe è un simbolo che continua a coinvolgerlo intrinsacamente anche ai giorni d'oggi.

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Il manuale d'uso

  Prima di discutere il funzionamento dello stereoscopio, è necessario ricordare come funziona il processo di acquisizione di un’immagine nel cervello . Ognuno dei due occhi trasmette al cervello un’immagine, con un’ angolatura leggermente diversa dall’altro. Il cervello poi confronta la due immagini ed elabora la distanza tra il punto di osservazione e l’oggetto. Lo stereoscopio sfrutta questo meccanismo artificialmente . Vengono infatti utilizzate fotocamere a due obiettivi , che riprendono due distinte immagini di un soggetto alla stessa distanza degli occhi umani. La coppia di immagini può poi essere osservata attraverso l’utilizzo di uno stereoscopio, ottenendo una simulazione della tridimensionalità . Lo stereoscopio è infatti composto dalle due immagini , sposte lateralmente, a destra e a sinistra dell'osservatore, mentre due specchi a 45° le riflettono in direzione dell'osservatore, che, posto a una distanza adeguata dagli specchi, potrà osservare le due immagini...

In numeri

Quali sono i numeri dello stereoscopio? Fermandoci alle caratteristiche tecniche dello strumento, come trattato in questo articolo , potremmo dire che il nostro numero per eccellenza sia il 2 . Come abbiamo visto successivamente però, lo stereoscopio fu uno strumento di enorme fama a cavallo dell'Ottocento e Novecento. A questa fama infatti si sono legati numeri enormi , come i 300.000 stereoscopi prodotti dalla Underwood & Underwood annualmente e le loro 25.000 stereoscopie stampate al giorno. Personalmente ci assocerei il numero 8 che, messo per orizzontale, evidenzia le infinite possibilità su cui questo oggetto ci ha fatto affacciare.

Le parole nella storia

  Dal grafico si può vedere subito che l’utilizzo della parola “ mirror ”, ossia specchio in inglese, è molto più diffuso rispetto ai termini “ Wheatstone ”, cognome dell’inventore dello stereoscopio, e “ stereoscope ”, ossia lo stesso stereoscopio. Questo è facilmente spiegabile se si considera che gli ultimi due termini sono molto specifici e limitati nell’uso comune, mentre la parola mirror è riconducibile a moltissimi altri ambiti , sia scientifici che non. Se guardiamo solo le parole Wheatstone e stereoscope , notiamo che nell’anno 1858 c’è stato un picco di utilizzo di questi termini . In quell’anno infatti lo stereoscopio di Brewster , una versione più leggera e maneggevole dello stereoscopio di Wheastone, venne presentato all' Esposizione Universale di Londra , suscitando l'interesse della Regina Vittoria. Questo evento suscitò l’interesse del popolo nello stereoscopio , e questo spiega la popolarità di queste due parole nei libri in quell’anno . Fonte:  L...